Che cosa significa oggi parlare di diritti umani? L'argomento è tra i più discussi dei nostri giorni e i due autori del volume lo affrontano unendo alla loro competenza un taglio originale e innovativo. Invece di scegliere una prospettiva di analisi filosofica o di fare il punto sulle normative esistenti in materia, essi propongono al lettore la forma del lessico, organizzando in ordine alfabetico la trattazione tematica delle principali questioni rilevanti per i diritti umani fondamentali. Grazie a questa scelta - per cui si susseguono capitoli dai titoli quali Alimentazione, Crimini internazionali, Donne, Lavoro, Torture, Vittime - il volume acquista un'immediata chiarezza. I diritti umani sono trattati nei contesti pratici in cui solitamente vengono invocati, discussi e presi in considerazione. E temi tradizionali quali la pena di morte, la difesa dei bambini, il diritto a una casa sono affiancati da altri emergenti quali gli armamenti, la cultura, i mass media. La struttura alfabetica consente una lettura mobile, non lineare: il lettore è così sollecitato a porsi domande e a tracciare liberi percorsi di riflessione.
Il volume nasce nel contesto di una ricerca tripartita, che esplora la questione del bene nell’ambito del dibattito filosofico contemporaneo. A questo sono dedicati altri due volumi collettanei: Forme del bene condiviso (Bologna 2007) e Etica di frontiera. Nuove forme del bene e del male (Milano 2008), a cui si aggiunge in modo coordinato il presente volume con un approfondimento sul tema dell’agire dal punto di vista antropologico. Esso si presenta come un itinerario attraverso diverse aree dell’esperienza indagate nella prospettiva dell’azione e delle sue forme, con l’attenzione rivolta alle figure del bene che vi si delineano. La prima parte propone linee teoriche sull’agire secondo diverse sensibilità filosofiche, analitica, neoclassica, neokantiana, neoaristotelica. Nelle tre parti successive l’indagine traccia degli itinerari teorici entro grandi ambiti esemplari dell’esperienza, in cui sono in gioco l’agire linguistico, quello sociale e quello della cura dell’umano. L’incrocio delle indagini sull’agire prospetta diverse figure del bene, raccolte attorno a tre idee fondamentali: il bene come rivelazione del senso umano dell’agire; il carattere relazionale intrinseco al bene dell’agire; il bene dell’agire, rivelativo e relazionale, come generativo dell’umano. L’apice del significato umano dell’agire, infatti, è l’attivazione e la cura della relazione come luogo in cui è in atto una qualche forma di generazione o rigenerazione dell’umano.
Francesco Botturi, ordinario di Filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano, si è occupato di antropologia e di filosofia della storia, nell’ambito della filosofia francese contemporanea (Struttura e soggettività. Saggio su Bachelard e Althusser, Milano 1976; Filosofia della in-differenza. Univocità e nichilismo in G. Deleuze, 1986 e 1987), nell’ambito della filosofia moderna con gli studi su G.B. Vico (La sapienza della storia. G.B. Vico e la filosofia pratica, Milano 1991 e Tempo, linguaggio, azione. Lineamenti della vichiana “storia ideale eterna”, Napoli 1996) e con prospettiva teoretica (Desiderio e verità. Per una antropologia cristiana nell’epoca della secolarizzazione, Milano 1986 e Per una filosofia dell’esperienza storica, Milano 1987). Successivamente ha orientato la sua ricerca in campo antropologico-etico con numerosi saggi, tra cui Per una epistemologia della ragion pratica (2004), Esperienza del bene e dinamismo della ragion pratica (2004), Etica degli affetti? (2004), L’ontologia dialettica della libertà (2005), Universalismo e multiculturalismo (2006), Intelligenza pratica e totalità soggettiva (2007). Presso Vita e Pensiero dirige con C. Vigna l’«Annuario di etica».
Il successo di trent'anni di riforme economiche cinesi ha posto in discussione l'efficacia delle politiche di sviluppo - note come "Post-Washington consensus" - promosse dalle organizzazioni multilaterali. Partendo dall'assunto che le istituzioni sono importanti per la crescita, il consenso prescriverebbe che i paesi in via di sviluppo si dotino di governi che disciplinino un sistema di diritti di proprietà stabili e definiti e creino istituzioni capaci di rafforzare i mercati: in sostanza la good governance ossia un mix di liberalizzazione, privatizzazione delle proprietà statali, trasparenza della pubblica amministrazione e assenza di corruzione - dovrebbe indurre lo sviluppo economico. Non era così nella Cina di Deng Xiaoping: i diritti di proprietà non erano né stabili né chiari, la corruzione era diffusa, il governo era coinvolto in tutti i settori dell'economia. Ancora oggi le istituzioni cinesi si conformano poco ai paradigmi liberali. Eppure la Cina si è sviluppata con estremo successo. Come si spiega questo esito in apparenza paradossale? Per dare una risposta il volume utilizza gli strumenti della political economy. Quindi la Cina si è sviluppata importando (pur senza ammetterlo) il capitalismo, e da questa esperienza è utile trarre conclusioni che sfidano il consensus, soprattutto ora che la crisi finanziaria del 2008 costringe anche i paesi storicamente industrializzati a rivedere i rapporti tra stato e mercato.
Storica rivista dell'Ateneo dei cattolici italiani, "Vita e Pensiero", sin dalla fondazione nel 1914, si è proposta come autorevole luogo di confronto e dibattito per la cultura del Paese. Nella consapevolezza che quella attuale è per tutti una stagione ricca di opportunità e rischi, da affrontare con coraggio intellettuale e gusto per la ricerca del vero, dal 2003 "Vita e Pensiero" è stata ripensata nell'impostazione grafica e nel lavoro redazionale. Oltre a temi quali lo sviluppo tecnologico ed economico, il progresso delle neuroscienze e della genetica, i nuovi paradigmi della politica e delle relazioni internazionali, l'evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, dedica una particolare attenzione all'attualità, ospitando articoli e interventi di docenti dell'Università Cattolica e di significative voci "esterne", capaci di offrire chiavi di lettura originali sui fenomeni sociali e culturali di oggi e di domani.
La filosofia di Platone costituisce un punto di riferimento primario per tutta la storia del pensiero occidentale, e il secolo appena trascorso non fa eccezione. Numerosi e importanti filosofi del Novecento non solo hanno sentito la necessità di confrontarsi con Platone, ma hanno anche concesso largo spazio al pensiero platonico e alla nozione di ‘platonismo’ all’interno delle loro elaborazioni teoriche. Questo confronto, soprattutto nei contesti più influenzati dalla speculazione di Nietzsche, ha assunto assai spesso la forma della critica, del distacco e, a volte, anche della ripulsa. Lo scopo di questo libro consiste nel mostrare da un lato che questa ripulsa si basa per lo più su un’immagine di Platone e del platonismo forzata in senso dogmatico e quasi formulare, dall’altro che il pensiero di Platone, se correttamente inteso, non ha mai cessato di costituire l’orizzonte ultimo entro il quale possono e devono essere posti i problemi filosofici che ancora interessano l’uomo contemporaneo.
Franco Trabattoni è professore ordinario di Storia della filosofia antica presso l’Università degli Studi di Milano. È autore di numerose monografie sulla storia del pensiero antico, di taglio generale e particolare, nonché di studi specialistici comparsi in riviste e volumi collettivi, dedicati soprattutto a Platone e alla storia del platonismo. Tra i volumi ricordiamo: Scrivere nell’anima: verità, dialettica e persuasione in Platone (Firenze 1994); Platone (Roma 1998); Filosofia antica. Profilo critico-storico (Roma 2002); La verità nascosta. Oralità e scrittura in Platone e nella Grecia classica (Roma 2005). È direttore della rivista internazionale di filosofia antica «Méthexis».
A dispetto di antichi pregiudizi, Pascal è un pensatore che scruta l'uomo e la società con la speranza cristiana di chi crede che i discendenti di Adamo possano realizzare nella città terrena una giustizia meno ingiusta, per mezzo di istituzioni miranti al bene comune, e non all'interesse particolaristico di individui o di gruppi. E che Pascal non sia nemico dell'uomo si comprende dai tre Discorsi sulla condizione dei grandi, ove si delineano il profilo e l'operato del "re di concupiscenza". A differenza del re tiranno, che domina con la forza, il re di concupiscenza mira al benessere degli altri. Il suo è un "umanesimo imperfetto", che rimane al di qua della linea di demarcazione fra paganesimo e cristianesimo, impantanato in un mondo senza speranza e senza Dio. Da qui il necessario passaggio dal re di concupiscenza al re di carità che, riunendo in sé i valori dell'umanesimo e del cristianesimo, diventa il portatore di un pascaliano "umanesimo perfetto".
Intento del volume è contribuire alla comprensione della natura del rapporto che il soggetto umano intrattiene con la parola. La riflessione ruota intorno a due interrogativi fondamentali: innanzitutto qual è, se ve ne è uno, lo specifico dell'esperienza umana della parola? Tale questione si è imposta a partire dalla constatazione che il linguaggio è un fenomeno che non coinvolge solo l'uomo, che non riguarda solo il soggetto umano, ma interessa, ad esempio, anche il mondo animale e ampi settori del mondo tecnologico. Il secondo interrogativo al centro di queste pagine è il seguente: qual è il luogo dell'esperienza della parola? A queste e altre questioni il volume risponde sviluppando una riflessione che, sulla base di alcune importanti distinzioni, come quelle tra "essere loquens" ed "essere eloquens", tra "reagire" e "rispondere", tra "trasferimento di informazioni" e "comunicazione", tra "scrivente" e "scrittore", giunge a identificare un rapporto di essenza tra l'ordine dell'esperienza e quello della parola, e quindi tra l'atto di parola e l'atto morale.
I molteplici e complessi rapporti tra l'anima e il corpo, le caratteristiche della psichè e i nessi tra le sue diverse funzioni e attività, le ricadute di tali diversificati rapporti sul piano ontologico, fisicobiologico ed etico-antropologico: sono solo alcune delle questioni messe a tema nei saggi raccolti in questo volume. Alcuni tra i maggiori studiosi di Aristotele hanno qui dato vita a un dialogo serrato e coinvolgente con i luoghi teoreticamente ed ermeneuticamente più caldi e interessanti del pensiero dello Stagirita: le problematiche intersezioni tra le nozioni di atto (energeia) e potenza (dynamis); le virtù, i loro intrecci e i ruoli da esse assunti all'interno delle dinamiche e delle strategie di edificazione della vita buona e felice; le passioni, le loro ricadute sul versante psichico e somatico. Tali contributi, che coprono la quasi totalità del corpus aristotelico, si rivelano innovativi anche per quanto riguarda l'utilizzo di testi non adeguatamente valorizzati dagli studi precedenti. Il volume consente dunque di riattraversare i crocevia storico-concettuali più significativi di un pensiero al tempo stesso antico e attualissimo, quale quello aristotelico.
La vita è sempre emotivamente "intonata". I sentimenti dell'allegria e della tristezza, dell'euforia e dell'angoscia, della felicità e della malinconia (ma anche le situazioni apparentemente "apatiche", come quelle della noia) pervadono l'esistenza e le conferiscono una colorazione particolare. È solo all'interno di questa atmosfera emozionale che avviene il contatto con gli oggetti, la percezione delle cose e delle persone, l'incontro con il mondo. Le tonalità emotive stanno dunque a fondamento di tutta la vita psichica: sono i modi del sentire che schiudono (o precludono) le molte forme dell'essere nel mondo. Il trattato di Otto F. Bollnow a cura di Daniele Bruzzone, esplora la natura e le implicazioni filosofiche, psicologiche ed etiche di queste tonalità emotive, dialogando con pensatori come Kierkegaard, Scheler, Heidegger, Jaspers, Binswanger, ma anche con scrittori e poeti come Goethe, Hölderlin, Baudelaire, Proust, Huxley. Ne scaturisce un quadro di straordinario interesse non soltanto per i cultori dell'antropologia filosofica, ma anche per quanti lavorano nell'ambito delle relazioni umane e, in generale, per chi è interessato a conoscersi meglio e a comprendere la vita emotiva.