Il carteggio completo tra Giulio Andreotti (1919-2013) e Giorgio La Pira (1904-1977) ripercorre intere pagine della storia politica italiana da una prospettiva inedita. Partendo dagli anni Cinquanta, in cui La Pira fu sindaco di Firenze, lo scambio prosegue con la stagione di apertura dell'area di governo italiana alla componente socialista, per finire con il confronto su temi etici quali il divorzio e l'aborto. È un fitto dialogo che non si esaurisce nemmeno di fronte ai più palesi punti di divergenza. Augusto d'Angelo tratteggia nella prefazione due figure politiche certamente differenti nell'atteggiamento e nella vocazione politica: «Nell'uno c'è una radicalità che tenta di travalicare i limiti in nome del primato della persona, per l'altro tutto è realizzabile, ma attraverso un cauto riformismo». Da una parte emerge dunque l'idealismo di stampo segnatamente cattolico di La Pira, guida per ogni sua azione politica, dall'altra il "realismo" di Andreotti, uomo politico concreto seppure non privo di ideali. Prefazione del Card. Matteo M. Zuppi.
Giorgio La Pira non fu un clericale, né venne mai clericalizzato. Spesso s’ignorano i motivi per cui il “sindaco santo” non abbia mai chiesto, desiderato o ottenuto una tessera che attestasse formalmente la sua appartenenza all’Azione Cattolica, organizzazione fortemente raccomandata – se non addirittura imposta – da Papi, vescovi, semplici sacerdoti.
I saggi qui raccolti documentano come il Venerabile visse e operò da laico in un ambiente in cui non era ancora presente quel pesante clericalismo che traduceva nella pratica alcune direttive magisteriali riconducibili all’insegnamento di Pio X. Dalla lettura dei testi di La Pira, ma soprattutto dalla sua azione nel sociale, emerge il suo modo originale di essere “laico cristiano”, caratterizzato sia da una notevole preparazione culturale, sia da un forte senso della libertà educata alla responsabilità. Seppe infatti lavorare in comunione con la gerarchia ecclesiastica, ma senza dipendere da essa; senza metterne in dubbio il magistero, ma adattandolo al momento storico e alle particolari circostanze in cui si trovò a esercitare la propria missione.
Il romanzo prende spunto da un'antica tradizione cristiana, secondo cui l'apostolo Giovanni avrebbe vissuto i suoi ultimi giorni nell'isola greca di Patmos. Nelle memorie di Ermogene, un contadino del posto, la vita di Giovanni si fonde con quella di Gesù, degli altri discepoli e del tempo in cui essi vissero, in una narrazione di ispirazione biblica che riporta in vita alcuni personaggi chiave della cristianità. "Il vegliardo di Patmos" è un'opera dal respiro antico, ma che mantiene il soffio di vitalità e attualità proprio di certi eventi che oltrepassano gli anni e i secoli, proiettati negli orizzonti infiniti.
Il volume racchiude una selezione delle oltre seicento lettere scambiate tra Giorgio La Pira e Fioretta Mazzei, che fu sua amica e fidata collaboratrice. La corrispondenza scelta, relativa al periodo 1943-1948, permette al lettore uno sguardo ampio sulle vicende politico-istituzionali del tempo, oltre a essere una fonte preziosa per approfondire le biografie di due importantissime figure delle storia istituzionale e religiosa fiorentina e non solo.
L’intero epistolario è contenuto nel CD allegato.
Introduzione di padre Eugenio Barelli, postfazione di mons. Piero Coda.
Ventisei lettere, scritte un giorno sì e un giorno no, dal 23 settembre al 27 novembre 1954. Il mittente è Leone Piccioni, il destinatario suo fratello Piero, recluso nel carcere romano di Regina Coeli, accusato dell'omicidio di Wilma Montesi. In realtà, come fu poi dimostrato, l'unica sua "colpa", oltre a quella di essere un musicista che amava il jazz, fu di essere il figlio di Attilio Piccioni, tra gli ultimi rappresentanti del Partito Popolare, padre fondatore della Repubblica italiana oltreché della Democrazia Cristiana. Il carteggio, pur filtrato dalla censura carceraria, aggiunge un nuovo tassello nell'intricato mosaico dei fatti relativi al "caso Montesi", uno scandalo che travolse la politica italiana negli anni Cinquanta e che lascia ferite aperte ancora oggi.
La corrispondenza tra Giorgio La Pira e Paolo VI mostra il quadro di un intenso rapporto di amicizia, iniziato negli anni Trenta del Novecento quando monsignor Giovanni Battista Montini è assistente ecclesiastico della Federazione degli Universitari Cattolici Italiani. L’intero carteggio – quasi un migliaio di lettere – è riportato nel CD, accompagnato da due importanti contributi proposti nel volume a stampa: nel primo Augusto D’Angelo fa una presentazione complessiva dell’epistolario, mentre il secondo è il testo della conferenza che Giorgio La Pira tenne a Brescia nel 1970 concludendo le manifestazioni per il cinquantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Montini.
È la più approfondita meditazione di Giorgio La Pira sulla dottrina mariana e sulle responsabilità che scaturiscono per la testimonianza del cristiano nel mondo: "non c'è un solo mistero cristiano, un solo 'fatto' del cristianesimo che non si rapporti alla vita terrestre dell'uomo: la vita che di là fluisce e qua perviene è come l'acqua destinata ad irrigare la terra dell'uomo, è come il lievito destinato a trasformare la 'massa' dei valori umani". È pubblicato per la prima volta il testo scritto da La Pira nel 1950, con riproduzione a fronte dell'originale manoscritto e con un'introduzione dell'arcivescovo di Firenze cardinale Giuseppe Betori che definisce questa "vibrante" meditazione sull'Assunzione di Maria "un insegnamento ancora pienamente valido per l'oggi". In tre saggi di approfondimento, Stefano De Fiores riflette sulla mariologia di Giorgio La Pira, Giulio Conticelli inquadra la presenza di La Pira in "Cronache sociali" di Giuseppe Dossetti e Maria Lidova presenta l'iconografia mariana bizantina della Basilica di San Marco a Firenze, dove è sepolto La Pira.
Giorgio Mazzanti, Presentazione Anna Agostini, Premessa dell'autore Giovanni Cipriani, "Pistoia dalla "crisi" del Seicento al trionfo dell'Illuminismo" Carlo Agostini Fabroni "Biografia" - "I rapporti con Pistoia e gli interventi in patria" - "Dalle raccolte librarie di casa Fabroni alla biblioteca del cardinale" - "La libreria del cardinale a Roma" "La storia della Fabroniana nei secoli" - "La costruzione e la donazione" - "Dalla donazione all'apertura della biblioteca (1726-1730)" - "I primi anni di vita della biblioteca" "Dalla gestione della Comunità civica alla prima metà dell'Ottocento" - "La storia della biblioteca nel secondo Ottocento" - "La biblioteca nel Novecento" "Il patrimonio librario" "Le collezioni della Fabroniana" - "Il fondo Manoscritti" - "Gli incunaboli" - "Il libro antico tra arte e memoria" "Le legature presenti nella Fabroniana" - "Libri rari" - "Gli ex libris e i timbri" - "I restauri librari" - "Il fondo Tommaso Gelli" - "Il fondo Vannozzi" - "Il fondo Nerucci" "Le opere d'arte in biblioteca" "La porta dipinta" - "I gruppi marmorei del Cornacchini" - "Il crocifisso" - "Il ritratto del cardinale" "Appendice documentaria" "Albero genealogico" "Elenco bibliotecari" - "Atto di donazione".
Dio scelse la musica per misurare il tempo, perché tempo essa stessa, e Johann Sebastian Bach ne divenne il suo più perfetto misuratore. Il dialogo fra loro avviene attraverso la musica, e con linguaggi cifrati e segreti che trovano nel numero 14 e nel nome B.A.C.H. il metodo per comunicare fra uomo e Dio. Il Kantor maximus dal rigore proverbiale, può apparire sorprendente: è infatti autore di opere di segno opposto, dalla multipolarità creativa estrema. Alcuni suoi lavori codificano procedure spietatamente rigorose, che rivelano il suo genio speculativo e geometrico e la sua visione architettonica (l'Offerta musicale, le Variazioni Goldberg, il Canone Enigmatico, L'Arte della fuga). Altri si caratterizzano per la massima libertà inventiva (Fantasia cromatica, i Preludi del Clavicembalo ben temperato, i Concerti). C'è poi il Bach liturgico (Cantate, Oratori, Passioni, Messe), a cui si contrappone il Bach profano (Cantate profane); c'è il Bach luterano dei Corali, e quello che dedica la Messa in Si minore al re cattolico Federico Augusto di Polonia. C'è il Bach strumentale e quello orchestrale, il Bach canonico e quello giocoso dei quodlibet