Alla fine del 2017 un algoritmo di intelligenza artificiale ha collezionato una serie di vittorie schiaccianti a scacchi scegliendo mosse che la mente umana non è nemmeno in grado di assimilare o utilizzare. Qualche anno più tardi, i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno annunciato la scoperta di un nuovo antibiotico ottenuto grazie all'aiuto dell'intelligenza artificiale, che era riuscita a individuare proprietà molecolari sfuggite alla concettualizzazione e alla classificazione degli scienziati. L'intelligenza artificiale sta conquistando sempre più terreno nella ricerca, nella medicina, nell'istruzione e in molti altri campi. Ma con quali conseguenze? Secondo l'ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, l'ex amministratore delegato di Google Eric Schmidt e l'informatico e decano del MIT Daniel Huttenlocher, presto l'umanità si ritroverà a imboccare un sentiero molto pericoloso, poiché l'IA sta cambiando il pensiero, la conoscenza, la percezione, la realtà e, di conseguenza, il corso della storia. Nonostante la velocità con cui avanza e progredisce, l'IA non è infatti governata da principi e concetti morali che la contengano e le diano dei limiti, sicché la sua rivoluzione può assumere pieghe inaspettate e condurre a esiti imprevedibili. Interrogandosi sui prossimi scenari possibili, tre fra i pensatori più autorevoli e lucidi di oggi riflettono così sull'intelligenza artificiale e su come stia trasformando il nostro modo di sperimentare la realtà, la politica e le società in cui viviamo. In queste pagine, Kissinger, Schmidt e Huttenlocher non spiegano soltanto cos'è l'intelligenza artificiale, ma cosa rappresenta: un terreno di gioco fondamentale che determinerà gli assetti geopolitici futuri.
Nonostante il celebre esempio plutarchiano, la «biografia parallela» è un genere poco frequentato dalla storiografia, e soprattutto da quella moderna. Eppure esso si rivela estremamente fecondo nelle mani di uno studioso quale Alan Bullock, in cerca di un quadro di riferimento per avviare una disamina incrociata dei due sistemi di potere, staliniano e nazista, che, se a prima vista sembrano «inconciliabilmente ostili», mostrano in realtà svariati elementi comuni. «La loro apparizione contemporanea e la loro interazione mi apparivano il tratto più nuovo e sconvolgente della storia europea della prima metà del XX secolo, le cui conseguenze hanno a lungo dominato anche la seconda» scrive Bullock. E quel quadro di riferimento è appunto lo studio comparato delle vite dei due dittatori, Hitler e Stalin, ricostruite cronologicamente in parallelo. L'autore esamina e confronta il Partito Nazionalsocialista e il PCUS, gli stati di polizia tedesco e sovietico, le scelte dei due «Signori della Guerra», senza trascurare l'indagine psicologica, laddove essa possa contribuire a una migliore comprensione dei personaggi. Il libro estrapola così gli elementi-chiave delle due esperienze - rivoluzione, dittatura, ideologia, diplomazia, guerra -, mettendoli in relazione con le personalità dei due uomini responsabili di avere dato al Novecento l'impronta di una ferocia che non va dimenticata.
È il giugno del 1850, e Napoli è bella come non mai sulla spiaggia di Chiaia, con i pescatori stesi al sole insieme alle loro reti e le ragazze che ridono nell'acqua bassa. Elvira ha ventidue anni e potrebbe essere una di loro, e invece deve andare in sposa a Giuseppe Morelli, che conosce appena e sicuramente non ama. Ma la sua famiglia è caduta in disgrazia, e il matrimonio, per la società in cui vive, c'entra ben poco con l'amore e molto col sacrificio. Il primo giorno della nuova vita è però segnato da una scoperta nerissima, che sconvolge la bella villa fin nelle stanze della servitù - lo specchio e la lente di ingrandimento delle vite dei signori. Elvira si convince che una maledizione sia scesa sulla casa, e anno dopo anno ne vede ovunque la conferma: nelle scelte indigeste a cui il suo ruolo la consegna, nella solitudine grigia che pian piano la avviluppa, nel vicolo cieco dell'unica possibilità di un futuro diverso, suo e soltanto suo. E come una staffetta, la maledizione pare trasmettersi alla figlia Angela, bellissima ma altrettanto fragile, e a Giuseppina, adottata proprio nel tentativo di ripianare i debiti con il destino. Tre donne costrette a vivere per gli altri, a immolare i propri sogni, la propria libertà, la propria felicità "per il bene della famiglia", alla cui ombra si nascondono le più scure prepotenze. E mentre i Morelli cercano di farsi un nome nel mercato dei tessuti e della moda, il mondo intorno si trasforma, con Garibaldi e quella strana unità del Paese che pochi capiscono, il fiorire di nuovi quartieri e una nuova moneta, le grandi epidemie che non fanno differenza tra ricchi e poveri, e le ancora più terribili malattie che si accaniscono sulla villa dei Morelli. Fino a quando, proprio dove meno ce lo si aspetta, brillerà la scintilla dell'emancipazione, la forza di strappare il diritto a vivere non la vita che ci è stata data in sorte, ma quella che la nostra anima si merita.
Palos, Spagna, agosto 1492. Nuno ha sedici anni, ed è un granchio. O almeno questo è il soprannome che gli ha dato sua madre, morta pochi mesi prima, di cui Nuno conserva un ricordo che è dolore e luce insieme. Pur vivendo sul mare, Nuno non ha mai desiderato solcarlo, e preferisce guardarlo restando aggrappato alla terra, proprio come fanno i granchi. Finché, per una serie di circostanze tanto sfortunate quanto casuali, deve imbarcarsi su una nave di cui ignora la destinazione. Si tratta della Santa María, a bordo della quale Cristoforo Colombo scoprirà - per caso e per sbaglio - il Nuovo Mondo. Mentre Nuno si renderà conto, lui che di navigazione non sa nulla, di condividere lo smarrimento coi suoi compagni molto più esperti: tutti spaventati da quell'impresa folle e mai tentata prima. Avendo imparato dalla madre a leggere e scrivere, Nuno diventa lo scrivano di Colombo, e trascorrendo ore ad ascoltarlo sente crescere l'entusiasmo per i grandi sogni di questo imprevedibile esploratore visionario. Attraverso lo sguardo di Nuno, percorriamo il viaggio più importante della storia dell'umanità: i giorni infiniti prima di avvistare terra, fino alla scoperta di un mondo nuovo, una nuova umanità, una nuova, diversa possibilità di intendere la vita. In questo Paradiso Terrestre, Nuno imparerà quanta ferocia, quanta avidità possa motivare le scelte degli uomini, ma anche la forza irresistibile dell'amore, che lo travolgerà fino a sconvolgere i suoi giorni e le sue notti. In questo romanzo, Fabio Genovesi non solo ci racconta la navigazione di Colombo come mai è stato fatto prima, ma ci cala dentro una grande avventura umana, esistenziale e sentimentale, che si snoda attraverso imprese, amori, crudeltà spaventose e improvvise tenerezze, svelandoci come dietro la scoperta occidentale delle Americhe si nascondano violenze, soprusi e malintesi, ma soprattutto l'insopprimibile, eterno istinto degli uomini a prendere, consumare e distruggere tutto, persino se stessi.
Joaquin Navarro-Valls è stato per oltre vent'anni il direttore della sala stampa vaticana al tempo di Giovanni Paolo II. Per quasi un quarto di secolo, come suo portavoce, ha avuto accesso diretto al pontefice. Lo ha accompagnato negli innumerevoli viaggi apostolici così come nelle vacanze estive in montagna, e ha potuto vivere da vicino eventi che hanno segnato la nostra storia recente, dalla prima delegazione vaticana nella Mosca sovietica all'incontro con Gorbac?ev in Santa Sede, ai preparativi per la visita del papa nella Cuba di Fidel Castro. Nel quarantacinquesimo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo II, questo libro raccoglie gli appunti personali che Navarro-Valls prese durante quegli anni. Pagine che, scritte sotto forma di diario e pubblicate per volere dell'autore dopo la sua scomparsa, offrono non solo un interessante spaccato del dietro le quinte del lavoro della Santa Sede, ma svelano alcuni dei grandi problemi dell'umanità che tanto preoccupavano il Santo Padre e, soprattutto, forniscono dettagli preziosi della sua vita quotidiana. I ricordi di Navarro-Valls mostrano il lato più umano e illuminano ancora una volta la straordinaria capacità comunicativa grazie alla quale Giovanni Paolo II esercitava il proprio ministero. E al tempo stesso restituiscono il rapporto professionale e fraterno che li ha uniti, una speciale relazione, fatta di fiducia, ironia e affetto sincero. Attraverso lo sguardo di Navarro-Valls e un ricco inserto fotografico, con immagini rese pubbliche per la prima volta, ripercorriamo i momenti salienti del papato di Giovanni Paolo II. Un viaggio al fianco di un protagonista indimenticabile della scena vaticana, che consegna un ritratto inedito di Wojtyla e aggiunge sfumature e complessità al suo pontificato.
S'innamorano di una sagoma di cartone o di un pretoriano in miniatura, odiano i bambini pur portandoseli in grembo, lasciano una donna ma ne restano imprigionati, vomitano amore e rabbia, si tagliano, tradiscono, si ammalano. Sono alcuni dei personaggi del nuovo libro di Michela Murgia, un romanzo fatto di storie che si incastrano e in cui i protagonisti stanno attraversando un cambiamento radicale che costringe ciascuno di loro a forme inedite di sopravvivenza emotiva. "Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita." A volte a stravolgerla è un lutto, una ferita, un licenziamento, una malattia, la perdita di una certezza o di un amore, ma è sempre un mutamento d'orizzonte delle tue speranze che non lascia scampo. Attraversare quella linea di crisi mostra che spesso la migliore risposta a un disastro che non controlli è un disastro che controlli, perché sei stato tu a generarlo. In stato di grazia, Murgia scrive per tutti noi un libro estremamente originale che rimanda a una costellazione di altri grandi libri: Il crollo di Fitzgerald, Lo zen e il tiro con l'arco di Herrigel e L'anno del pensiero magico di Didion.
"Credere e non credere" (1971) è un libro che, a oltre mezzo secolo dalla prima pubblicazione, resiste tenacemente a qualsiasi tentativo di inquadramento e di riassunto. Nato da una serie di conferenze tenute a Princeton nel 1966, affonda le radici in alcuni spunti che si ritrovano in lettere scambiate dall'autore con Albert Camus a partire dal 1945: è un libro, scrive Chiaromonte, «nato senza premeditazione, in tempi diversi, obbedendo allo stimolo di circostanze e letture diverse. Esso ha tuttavia un tema unico: il rapporto fra l'uomo e l'evento, fra ciò che egli crede e ciò che gli accade. La questione della Storia». Per discutere il problema, e senza alcuna pretesa di risolverlo, Chiaromonte si affida ai grandi romanzieri otto-novecenteschi, a partire da Stendhal e Tolstoj fino a Pasternak e Malraux, e lo fa perché il romanzo è il genere letterario che più di ogni altro ha saputo dare voce al dubbio, all'incoerenza. E perché «è soltanto attraverso la finzione, e nella dimensione dell'immaginario, che è possibile apprendere qualcosa sull'esperienza autentica dell'individuo».
La normalità spesso ci sembra sinonimo di noia, grigiore, rassegnazione. Una ruota da criceti su cui continuiamo a correre, una prigione dalla quale vorremmo evadere. In realtà, se affiniamo lo sguardo e apriamo il cuore, le piccole cose quotidiane hanno un valore immenso, possono permetterci di evolvere e migliorare, possono renderci generativi. La sfida che Giulio Dellavite ci propone in questo nuovo libro è quella di superare una visione «avvilente» della normalità e di riscoprirvi invece il lato «avvincente», che può portarci a vincere. Con la sua scrittura attuale e originale, torna dunque a parlare di Vangelo, per suggerirci un cambio di prospettiva: ritrovare la straordinarietà dell'ordinario. Compone così un abbecedario, che mescola le caratteristiche della quotidianità con aspetti più curiosi: amoressia (con la emme!), decriptazione, fashion style, liminarità, mecciare, opinionismo, performance, quinto quarto, viralità. In questa chiave, l'autore riflette ancora una volta su quella storia profondamente umana che il Vangelo offre come specchio per vedere il proprio volto. Anche Gesù - a parte gli ultimi tre anni della sua vita - ha condotto un'esistenza normale, ma proprio viverla a fondo è stato per lui scuola e palestra per imparare a essere uomo e scoprirsi Figlio di Dio. Lo spiegano, dalla A alla Z, i personaggi meno conosciuti del Vangelo, figure secondarie come il cameriere dell'Ultima cena, Giairo, Nicodemo, la moglie di Pilato o il quarto Re Magio. «Perché loro sono noi.» Partendo da queste figure, l'autore tesse un elogio della normalità intesa come spazio in cui ciascuno può mettersi alla prova e imparare a leggere la propria storia come una nuova pagina sacra. Dimostrandoci che anche le cose e le azioni più semplici restano comunque e nonostante tutto divine.
Bologna, 1858: le guardie pontificie, su ordine del Tribunale dell'Inquisizione, strappano dalle braccia dei genitori un bimbo di sei anni, Edgardo Mortara, figlio di un mercante ebreo, che una domestica cattolica sostiene di aver battezzato di nascosto anni prima. A favore del piccolo intervengono Napoleone III, Francesco Giuseppe, Cavour. Ma Pio IX è irremovibile: Edgardo crescerà in convento, diverrà prete e morirà novantenne, vittima fino in fondo dell'intolleranza antisemita. Un bambino, e poi un uomo, trasformato suo malgrado in un simbolo.
Che papa Wojtyla amasse la montagna e s'identificasse appieno con la pace di quel mondo è risaputo. Non molti invece sanno che c'è un testimone oculare del suo eccezionale rapporto con quella parte del creato: Lino Zani, suo maestro di sci e guida alpina, diventato negli anni compagno di "fughe" verso le cime. In queste pagine Zani condivide i suoi preziosi ricordi, tra racconti emozionanti, aneddoti curiosi e una luce tutta nuova sul Terzo Segreto di Fatima.