Questo libro rilegge uno degli episodi più straordinari della storia culturale fra Oriente e Occidente, la traduzione greca della Bibbia, la leggenda che l'ha narrata e le riscritture di questa. Una storia lunga molti secoli che ha attraversato con ostinazione culture, epoche storiche e mondi diversi e che ha segnato, a partire dal Vicino Oriente antico, il destino dell'Occidente. Battaglie culturali, ideologiche, filologiche, linguistiche ne hanno costituito la trama, nel tentativo di dare forma a un libro molteplice e ibrido e proprio per questo così simile a noi, così vicino alla nostra differenza originaria. L'autore ci parla di originali che non si trovano ma che forse non è necessario trovare. Di traduzioni che valgono come fonti e di fonti che sono contradittorie. Racconta come proprio la Bibbia, il grande codice della letteratura occidentale, sia vissuta per migliaia di anni attraverso le sue riscritture, come abbia avuto molteplici redazioni e diversi autori, diversi canoni, diversi originali. Come se il suo messaggio più profondo fosse che la verità non è immobile ma diventa vera solo nel momento in cui tocca la realtà di coloro che hanno reso le parole qualcosa di concreto, interpretandole, traducendole, comunicandole e vivendole.
Il cristianesimo, diceva Dietrich Bonhoeffer, è fondamentalmente amorale; l'etica cristiana non può in alcun modo essere intesa come la determinazione (teorica) dei principi cui bisogna attenersi per potersi considerare cristiani. L'insegnamento pratico del Vangelo non parte dall'esigenza di «insegnare a fare il bene», ma dalla necessità di tradurre in azione la realtà della redenzione operante nell'uomo. La domanda etica fondamentale per il cristiano è: «Quale realtà Dio vuole che plasmi con le mie azioni?». L'agire cristiano si configura così come un agire autenticamente e biblicamente creativo. Ripercorrendo alcune pericopi evangeliche, il presente lavoro intende mostrare che il nucleo più originario e originale dell'esperienza cristiana è la libertà. Nelle parole e nelle azioni di Gesù prende forma un mondo libero (dalle malattie, dalle differenze sessuali, etniche, sociali, dalle ingiustizie), a partire da una riconfigurazione profonda dell'essere uomo nella relazione con Dio. L'uomo non ha alcun debito da saldare, alcuna colpa da espiare, egli è, agli occhi di Dio, radicalmente e autenticamente libero o, in termini teologici, redento. Questa diversa prospettiva getta una luce radicalmente nuova su alcuni «luoghi abituali» dell'etica cristiana: la colpa, il sacrificio, l'espiazione, la sofferenza, l'obbedienza; e apre alla possibilità di recuperare altre figure dell'etica evangelica, che la prassi cristiana ha «disatteso».
«Lo studioso che si accosti a Jan van Eyck dovrebbe abbandonare saggiamente ogni certezza, persino ogni tentazione di raggiungere una certezza su questi problemi; ed è questa una severa prova per ogni studioso che cerchi di fare luce sull'artista amato, con il quale ritiene di avere ormai una lunga dimestichezza». È con tale lezione metodologica che Liana Castelfranchi si accosta alla figura problematica del celebre pittore (n. 1390 ca - m. 1441). Problematico in quanto solo 17 opere sono attribuibili a lui con certezza, e appartengono tutte al suo ultimo periodo (dal 1432 al 1439). Nel percorso tracciato dall'autrice, dalla complessità emerge la grandezza di Jan van Eyck. «Conoscitore di stoffe come un tessitore, dell'architettura, come un capomastro», fu un artista che operò sotto l'impulso di geniali soluzioni sperimentali. La pittura stessa si aprì con lui a nuove esplorazioni: dal paesaggio alla natura morta, al nuovo quadro di devozione al ritratto; fu scopritore anche nella ricerca dei mezzi, perfezionando la tecnica pittorica a olio; inauguratore della prospettiva architettonica e del trompe-l'oeil. Le composizioni di interni e di paesaggio, la figura umana sentita come parte del paesaggio, sono tutte novità strepitose, destinate a rimanere sostanzialmente senza seguito fino alla grande pittura di paesaggio e di interni del Seicento olandese.
Secondo Mircea Eliade la contemplazione della volta celeste e della sua luminosità ha mobilitato la coscienza dei primi uomini provocando il senso della trascendenza. Le architetture e l'arte dall'antica Cina al Medio Oriente, dal mondo classico al Medioevo e alla contemporaneità hanno mostrato un costante impegno nella ricerca della luce, che in alcuni periodi diviene ricerca centrale e imprescindibile. Ogni religione e cultura ha un simbolismo della luce. Se ogni simbolo, come ricorda Julien Ries, è il segno che permette il passaggio dal visibile all'invisibile, il simbolismo della luce implica in particolare l'ermeneutica dell'invisibile. La luce nell'arte, infatti, mette in relazione l'uomo sia con l'infinito che con gli stati d'animo più profondi. Contributi di: Samir Arbache, François Boespflug, Christian Cannuyer, Michel Delahoutre, Sabine De Lavergne, René Lebrun, Julien Ries, Michel Schmitt, Natale Spineto.
Questo breve saggio di Inos Biffi ha come intento il risvegliare o anche creare il gusto per il Paradiso di Dante, nel quale la poesia pura ha raggiunto il suo vertice sublime. La terza cantica della Commedia è ritenuta la più difficile, quasi la più arida, rarefatta com'è di immagini, la più ardua nel linguaggio. E, infatti, essa trasporta in un altro mondo, ultraterreno, privo della visibilità e della sagoma sensibile dei primi due, tutto pervaso e plasmato di luce, nella quale si annidano i beati. Dante stesso avverte che potranno "leggere" il Paradiso soltanto quei pochi che hanno drizzato «il collo / per tempo al pan de li angeli» (Par., II, 10-11), che si sono posti alla scuola del Verbo e se ne sono nutriti. Di fatto, sono molti quelli che, non avendo ascoltato quell'avvertimento, hanno fatto naufragio una volta giunti al Paradiso. La prima parte del libro inizia alla sua comprensione illustrando il senso della terza cantica nel percorso letterario e spirituale del poeta. La seconda, offre alcuni assaggi di commento ai canti X, XII e XXIII, «uno dei più belli della cantica e del poema», con l'incantata ammirazione del «bel giardino / che sotto i raggi di Cristo s'infiora» (Par., XXIII, 71-72). Da tali degustazioni potrebbe sorgere il desiderio di inoltrarsi in questa incomparabile gloria del mistero, che per singolare grazia divina Dante ci ha lasciato.
Questo manuale introduce alla comprensione dei sacramenti come avvenimenti di grazia che continuano oggettivamente nella storia i gesti redentori di Gesù Cristo, eventi in cui Egli ora comunica Sé stesso nello Spirito Santo. Il sacramento cristiano è l'evento singolare e straordinario che rende presente la nuova ed eterna alleanza e comunica la vita divina del Capo alle membra; esso concede una grazia divina per mezzo del compimento di un'azione materiale e sensibile. I sacramenti realizzano un incontro unico che tocca realmente e sensibilmente l'uomo rispondendo alla sua domanda di verità e di felicità. Lo scopo del libro consiste non solo nel formare dottrinalmente, ma anche spiritualmente alla vita ecclesiale oggettiva, offrendo una visione essenziale e stimolante a partire sia dalla prassi sacramentale sia dal magistero e dalla riflessione teologica maturati nel corso dei secoli, tenendo presente così la fede professata e celebrata. Inoltre espone sistematicamente tutti gli aspetti e i fattori dell'evento sacramentale non dimenticando il significato e le peculiarità dei singoli sacramenti.
Ivar e Olla sono due teneri orsacchiotti. Nella notte polare il sole scompare per mesi e lascia spazio alle tenebre. Nel cielo però ci sono un sacco di stelle e la neve avvolge tutto il paesaggio intorno. Mentre mamma e papà dormono, i due fratellini vanno all'avventura. Giocano, si rincorrono, si rotolano nella neve. Dalle finestre di una casa illuminata vedono un abete e due bambini che lo addobbano con decorazioni colorate. Ivar e Olla vogliono fare come loro: avranno un albero di Natale bellissimo! Quante cose offre la natura per decorarlo: gusci di lumaca, ghiande, agrifogli, aghi di pino e molto altro. Ma nel buio della notte i due orsacchiotti si sono persi. Le stelle del cielo sapranno ricondurli fino a casa per festeggiare il Natale con mamma e papà? Età di lettura: da 3 anni.
Il libro affronta con particolare cura il rapporto problematico e paradossale dell'arte con il tempo. un viaggio attraverso l'arte del moderno nelle sue tensioni e nelle sue rivelazioni. Le opere d'arte ci permettono di guardare a fondo nei nodi problematici che affondano nel nostro tempo e nella nostra coscienza e un ampio apparato iconografico ci guida in questa esplorazione del contemporaneo. L'arte è sempre stata al centro della riflessione critico-estetica di Franco Rella, articolandosi in una serie di riflessioni che hanno trovato spazio anche nei cataloghi della Galleria Nazionale di Roma, del Museo d'Orsay di Parigi, del MART di Rovereto, del PAC di Milano e in numerose altre istituzioni pubbliche e private. I saggi che costituiscono i capitoli di questo libro affrontato soprattutto il rapporto problematico e paradossale dell'arte con il tempo. L'opera d'arte sembra immune dal tempo, eterna e sempre uguale a sé stessa, e ciò nonostante è carica di tempo, il suo tempo e quello che essa mette in moto nel suo rapportarsi con altre opere, con altre epoche, con altre sensibilità. Il luogo in cui questa pluralità di tempi s'intreccia e si intrama è il museo, ma sono anche le immagini che popolano le strade delle moderne città metropolitane, come avevano visto Proust, Valéry e il surrealismo, e come vediamo nella Street art, o nell'opera di Kentridge.
La pubblicazione del seminario "La vie la mort", tenuto da Jacques Derrida tra il 1975 e il 1976, potrebbe segnare in maniera decisiva l'interpretazione dell'intera opera del filosofo franco-algerino. Derrida vi affronta la decostruzione dell'opposizione tra la vita e la morte quale matrice che orienta e struttura la tradizione del pensiero Occidentale in chiave metafisica. È infatti in questa prospettiva che si muove, fin dal titolo, in cui, tra "la vita" e "la morte", non vi è alcun segno di congiunzione, o di altra articolazione, che potrebbe implicitamente ratificare la distinzione e quindi l'opposizione tra due termini presupposti come di per sé autonomi e l'uno dall'altro indipendenti. Tuttavia, Derrida non si limita a decostruire la tradizione della cosiddetta «filosofia della vita», fino ad affrontare la questione del cosiddetto «biologismo» di Nietzsche, attraverso la lettura di Heidegger; in questo seminario, Derrida si confronta per la prima e unica volta con il discorso scientifico e in particolare con "La logica del vivente" (1970) di François Jacob.
Questo volume ha il duplice intento di fornire gli strumenti concettuali per affrontare criticamente sia lo sviluppo dei metodi di indagine storico-artistica che il campo, di sempre più attuale urgenza, della conservazione e fruizione delle opere d'arte. Al primo intento si riferiscono le prolusioni dedicate alla Storia della critica d'arte e all'Iconografia e iconologia, che ripercorrono le linee fondamentali dello sviluppo di questi ambiti disciplinari e propongono all'attenzione del lettore i principali nodi problematici presenti nel dibattito contemporaneo. Nella seconda parte del volume, il Dizionario, i lemmi relativi alla storia della critica d'arte sono dedicati essenzialmente, anche se non esclusivamente, ai concetti, colti sempre nel loro divenire storico, adoperati per definire, classificare, comprendere e apprezzare le opere d'arte. Al secondo intento si rifanno le prolusioni di Museologia e di Restauro, nonché i relativi lemmi del Dizionario. Le voci di museologia/museografia descrivono le diverse tipologie museali e le relative problematiche. Le voci sul restauro, scritte in stretta interconnessione con la relativa prolusione, affrontano con acume critico, ma anche operativo, le metodologie di intervento, i materiali che costituiscono l'opera d'arte e i problemi - che potremmo quasi definire «epistemologici» - che hanno condizionato e condizionano le valutazioni sulle scelte da operare quando si interviene su un'opera d'arte.