La filosofia di Emmanuel Levinas è stata soprattutto una profonda e ampia meditazione sull'impatto che un secolo terribile, di sangue e di guerra, ha avuto sulla filosofia e sulla morale, sulla possibilità della filosofia e della morale. Si è voluto, pertanto, ricostruire, da angolature visuali differenti, l'eredità ed attualità di tale riflessione, senza tacerne le difficoltà o le aporie, ma al contempo cercando di misurare la sua capacità di condurci alle crisi più autentiche, alle questioni di fondo, a riaperture del pensiero. Tra alterità e terzietà si è svolto il cammino filosofico di Levinas, che ha situato al centro dei propri scritti la possibilità del male nella storia. Quel male che è compendiato nella figura di un unico supremo delitto: lasciare l'altro morire da solo. Il terzo, nel quale tutta l'umanità è presente, è così il custode silenzioso che veglia sulla morte dell'altro e le assicura, contro il lavoro del tempo e dell'oblio, una risonanza spirituale.
Pochi testi come questa discussione del filosofo francofortese con gli studenti della Libera Università di Berlino Ovest restituiscono le atmosfere, la vivacità intellettuale, il desiderio di cambiamento che trovò espressione nei movimenti giovanili del '68. Marcuse discute con gli esponenti del movimento studentesco le forme e le strategie di una opposizione radicale nelle società sviluppate dell'Occidente e come questa possa ricollegarsi alle lotte di liberazione nel terzo mondo, in primo luogo quella vietnamita. Secondo Marcuse la fine dell'utopia non vuol dire che ad essa dobbiamo rinunciare, ma che la trasformazione profonda dei rapporti sociali è divenuta una possibilità resa concreta dal poderoso sviluppo delle forze produttive e intellettuali, che la soggettività dei movimenti è chiamata a liberare dalla gabbia dello sfruttamento e dell'ordine costituito.
Hegel arriva a Jena nel 1801. Non è che un giovanotto di belle speranze, un trentunenne con qualche inedito nel cassetto e nessuna pubblicazione alle spalle. Quando ripartirà da quella città, nel 1807, sarà invece il celebrato autore della "Fenomenologia dello spirito". È in questa manciata di anni, dunque, che Hegel diventa Hegel; non serve altro per comprendere l'importanza nevralgica che gli scritti del periodo di Jena hanno nello sviluppo del suo pensiero. La "Filosofia dello spirito jenese" raggruppa frammenti di testo venuti alla luce in epoca relativamente recente, tra il 1931 e il 1932. Si tratta di manoscritti redatti da Hegel per uso personale e che, proprio in virtù di questa natura diaristica e autoreferenziale, riescono a introdurre il lettore dentro il "laboratorio" del filosofo, in quel luogo dove sembra che egli riesca a "guardarsi pensare".
Terza fra le "Critiche" kantiane, la "Critica del giudizio " svolge un tema che, destinato ad acquisire un fondamentale rilievo nel dibattito idealistico ottocentesco, percorre l'intera vicenda della storia della filosofia: come si concilia la necessità delle leggi naturali con la libertà del volere umano? L'opera kantiana , in generale, è stata studiata nei suoi singoli aspetti piuttosto che nel suo disegno complessivo. Si sono, volta a volta, privilegiati particolari argomenti quali la natura dei giudizi di gusto, le caratteristiche del bello e del sublime, l'analisi della facoltà di giudicare e del principio della finalità, il rapporto tra arte e morale e tra teleologia e teologia. Questo libro intende restituire invece il senso unitario dell'opera kantiana, colmando cosi una lacuna della letteratura sull'argomento.
Il testo è un'introduzione alla filosofia della scienza cognitiva. Negli ultimi vent'anni il dibattito sui fondamenti concettuali della scienza cognitiva è stato molto intenso e la proliferazione di programmi di ricerca alternativi al cognitivismo classico (come il connessionismo, la robotica situata e la teoria dei sistemi dinamici) ha generato l'impressione che la scienza cognitiva sia entrata in una fase di crisi. Obiettivo del volume è fornire al lettore uno strumento per orientarsi in questo intricato dibattito e arrivare a formulare un giudizio personale in merito all'effettivo stato di salute della scienza cognitiva. Da un'introduzione storico-concettuale all'idea stessa di scienza cognitiva, passa a presentare una sistemazione filosofica dei fondamenti del cognitivismo classico della teoria computazionale e rappresentazionale della mente di Jerry Fodor. Non mancano l'indagine del rapporto tra psicologia e neuroscienza, e lo studio dell'evoluzione della scienza cognitiva cosiddetta "corporea e situata".
L'autore ha dedicato gran parte della sua opera ai problemi di una "riforma del pensiero". In questa intervista con l'antropologa Antonella Martini, l'intellettuale francese affronta le questioni centrali che pone alla base delle sue riflessioni sull'umanità e sul mondo: la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori a un pensiero della complessità. Oltre all'intervista, questa edizione presenta un saggio di Morin sul "pensiero complesso" e un saggio di Antonella Martini sulla difficoltà di definire in maniera semplice il mondo contemporaneo.
In questo libro - analisi del movimento, segreto e palese, che governa il nostro tempo - Emanuele Severino mette il suo pensiero alla prova dei fatti che ci circondano. Fatti enormi, secondo la convinzione di tutti, mutamenti epocali. Ma in quale direzione? Che cosa significa, per esempio, la decadenza dell'Europa? Non va forse insieme, questo fenomeno, al diventare planetario del dominio della tecnica, che è il frutto specifico del pensiero europeo? E qual è il rapporto della tecnica con la scienza? Che cosa significa la preoccupazione, oggi sempre più insistente, di porre limiti alla ricerca? E si può parlare di un'etica della scienza? Sono questi solo alcuni dei temi che vengono affrontati da Severino. Temi gravissimi, ma troppo spesso abbandonati agli opinionisti dei quotidiani, i quali offrono, appunto, opinioni. Qui invece questi temi trovano il loro luogo strategico all'interno di una costruzione speculativa rigorosa.
Pubblicati clandestinamente nel 1975, questi saggi, eretici in rapporto al marxismo e al dogmatismo dominanti dell'epoca, si interrogano sul senso che può avere la storia, non tanto come svolgimento cronologico, ma in quanto storia dell'essere umano in cerca della sua umanità. Una domanda che si riallaccia alla tradizione filosofica inaugurata nella polis greca, il luogo che ha reso possibile l'apparizione quasi simultanea della filosofia, della politica e della storia, le tre dimensioni essenziali dell'umanità occidentale. Filosofia e politica sono nate insieme ed entrambe mettono in dubbio la tradizione e le certezze. Per il pensatore boemo, la filosofia che ha condotto all'idealismo ha fallito nella sua pretesa di afferrare la soggettività nel suo rapporto col mondo, laddove si fonda la storia. Scavando nelle origini della filosofia europea, l'autore affronta i temi della scelta, dell'autenticità della vita, dell'impegno e della violenza.
Quest'opera è la più autorevole e completa sul pensiero di Michele Federico Sciacca (1908-1975), autore di oltre sessanta volumi, la maggior parte dei quali tradotti nelle principali lingue; la relativa bibliografia internazionale è ricca di circa seimila titoli.
L'Autore, con rigore storico-critico e profonda partecipazione, ricostruisce l'intero percorso del filosofo e ne mette in rilievo, con nitida incisività , l'impianto teoretico. L'integralità della persona è il centro fecondissimo della ricerca di Sciacca, perseguito sin dal suo distacco dal neoidealismo. La fondazione metafisica della morale, del diritto, della politica, dell'economia, dell'estetica, nonché dell'unitario organismo delle scienze, consente al filosofo di risolvere in forme nuove i problemi dell'esistenza di Dio, della libertà e dell'immortalità personale (pp. 648).
Alberto Caturelli dal 1956 ha insegnato nell'Università di Cordoba, Argentina; ha tenuto e tiene corsi e conferenze in tutto il mondo. Autore di una quarantina di volumi, è oggi il più importante filosofo di lingua spagnola. Presso le Edizioni Ares ha pubblicato Il Nuovo Mondo riscoperto (1992) e Due una sola carne. Metafisica, teologia & mistica del matrimonio e della famiglia (2006).
Alla vigilia della seconda guerra mondiale uno dei più grandi filosofi del Novecento. Karl Jaspers, viene cacciato dall'Università di Heidelberg. dove insegnava, poiché marito di un'ebrea. Successivamente, seppur in condizioni di libertà vigilata, egli trova il coraggiosi pronunciarsi in due pubbliche conferenze su un tema assai spinoso quale il rapporto tra Nietzsche e il cristianesimo. Jaspers, consapevole del pericolo mortale cui va incontro la civiltà tedesca assoggettata al nazismo, vede quanto l'ideologia nazista può trovare terreno fertile in Nietzsche e, in particolare, nell'interpretazione strumentale della sua teoria del Superuomo. Perciò il suo discorso si concentra preliminarmente sulla necessità di leggere Nietzsche nel contesto generale della sua opera: non si può isolare un frammento nietzschiano e attribuirgli valore assoluto. Jaspers sottolinea il punto nodale della speculazione nietzschiana. Figlio di un pastore protestante. Nietzsche non ha fede nel cristianesimo: dichiara la morte di Dio e annuncia che l'uomo europeo è ormai entrato nell'epoca del nichilismo. Jaspers non si stanca però di ammonire: tanto compiaciuta è la critica nietzschiana al cristianesimo, altrettanto preoccupato è Nietzsche circa il futuro dell'uomo europeo dopo l'avvento del nichilismo. Il Superuomo dev'essere dunque un individuo capace di rinunciare all'illusione di Dio.
Tra le opere minori di Aristotele, i due scritti De coloribus e De audibilibus si pongono a meta' tra le opere propriamente filosofiche e quelle propriamente scientifiche, dato che rappresentano il primo abbozzo di un'ottica" e di un'"acustica" elaborate nell'antichita' classica. Con testo greco a fronte. "
La fenomenologia francese contemporanea, negli ultimi trent'anni, ha goduto in Italia di un'attenzione che non ha mai cessato di crescere, stimolando anche la nascita di nuove riflessioni e percorsi. In questa felice stagione della ricezione del pensiero francese, il libro di Jean-Luc Marion, "Dio senza essere", possiede ancora, a distanza di venti anni dalla prima edizione in lingua italiana, una forza e originalità che non cessano di imporlo al cuore degli studi di filosofia e di teologia. I temi affrontati (Dio, l'ontologia e soprattutto l'amore) hanno segnato la rinascita di questioni alle quali ancor oggi si sta tornando con rinnovata consapevolezza critica, specialmente in direzione del superamento di un concetto di Dio idolatricamente creato dalla filosofia e di un divino che non è altro da un riflesso talvolta pallido, talvolta violento (a seconda dei casi) del pensiero umano. La nuova edizione è accresciuta dal saggio San Tommaso e l'onto-teo-logia e dalla introduzione che l'autore ha aggiunto all'edizione francese.