In molti luoghi del nostro Paese la mentalità mafiosa si insinua nel modo di pensare comune. È la mentalità dei boss, delle donne di mafia e dei giovani in carriera nelle cosche, ma anche quella che si respira nelle relazioni, nelle parole e nei silenzi delle città. Piegate al raggiungimento degli scopi criminali dei clan, le regole «educative» criminali si impongono nelle comunità locali e insegnano il potere della forza, l'importanza di riprodurre modalità rigide e ripetitive di comportamenti sociali - come la riscossione del pizzo - mostrano che chi apprende, dopo essere stato messo alla prova, ottiene fiducia e fa carriera. L'educazione dei giovani criminali, allenati a collocare in secondo piano i sentimenti e l'amicizia, avviene sul campo, anche attraverso le condanne, pure feroci, di coloro che sbagliano, dimostrazioni lampanti che uno sparuto gruppo di persone riesce ad «ammaestrare» interi quartieri e intere città. Una vera e propria «pedagogia mafiosa» che si può contrastare solo con un'educazione alternativa.
"Del Sud mi piace chi se ne sta a mani nude, disarmate; chi non si lascia tentare a opporsi ai violenti con i loro stessi metodi. Mi piace ascoltare la gente parlare le sue parole. Del Sud mi piace chi fa il padrino senza fare il padrone, chi fa doni per amicizia e non per legarti al suo clan. Mi piacciono le madri che non dimenticano i figli, qualunque cosa abbiano combinato; madri che supplicano i boss di 'ndrangheta di svelare il luogo dove hanno buttato o seppellito i loro figli, spariti di lupara bianca, per portarci un fiore. Del Sud mi piacciono le donne, attente e appassionate, con cuori grandi. Mi piace vedere i giovani con l'utopia di rinnovare i partiti e la politica. Mi piacciono quelli che in tribunale si ricordano le facce e le parole di chi ha chiesto loro il pizzo, indicandoli davanti a tutti."
"In questa terra dove mi è piaciuta l'idea di emigrare a rovescio, dove ho conosciuto purgatorio, inferno e paradiso."
Don Giacomo Panizza a Vieni via con me, novembre 2010.
Prima di andare a Vieni via con me ospite di Roberto Saviano, pochi conoscevano il coraggio e l'impegno di questo prete anti-'ndrangheta. Si chiama don Giacomo Panizza e la sua storia è stata raccontata davanti a milioni di italiani. Bresciano di origine, don Giacomo Panizza si trova assegnato nel quartiere più estremo di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro. Qui inizia a lavorare a contatto con persone disabili. Accetta di utilizzare a scopi sociali un palazzo requisito ai Torcasio, la famiglia malavitosa più temuta della zona. Non solo lo stabile assegnatogli dista pochi metri dalle abitazioni dei mafiosi a cui è stato sequestrato, ma ogni volta che deve accedere alla struttura deve bussare proprio a loro. Don Giacomo Panizza ha ricevuto molte minacce, la sede è stata più volte danneggiata, qualcuno addirittura è arrivato a sabotare i freni dell'auto di un disabile. Ma don Giacomo non ha mai smesso di metterci coraggio e lottare. In questo dialogo serrato con Goffredo Fofi, non solo emergono la fibra morale di un uomo che si è dedicato ai più deboli della società, ma anche soluzioni concrete per battere la cultura della mafia: "Bisogna che tanti facciano poco, più che pochi facciano molto. Contro le mafie non serve Rambo. Serve che tutti ci impegniamo per la libertà di tutti, e la legalità è cosa nostra, un tassello di questo impegno". Solo così il Sud potrà sprigionare pienamente la propria bellezza.
È possibile fondare una società solo su relazioni di solidarietà, fraternità e dono potendo fare a meno dell'economia e delle relazioni di scambio economico che contraddistinguono fin dall'antichità le società umane? E, viceversa, è possibile immaginare un mondo regolato esclusivamente dalla legge del mercato, dall'interesse dei singoli e dalle relazioni di scambio economico? A partire da queste domande nasce un dialogo tra un filosofo cattolico come Dario Antiseri, erede della grande tradizione del cattolicesimo liberale, e don Giacomo Panizza, sacerdote di frontiera in prima linea nella lotta al bisogno, all'emarginazione e alla criminalità sull'importanza del dono e dello scambio, ma anche sulla ragione critica, l'etica, la proprietà, la solidarietà, la pace, la povertà e il benessere.